La raccolta delle olive in Calabria, dagli ulivi all’olio tra sacrifici e famiglia
Come si fa l’olio extravergine di oliva? La risposta è in questo mio racconto dedicato alla raccolta delle olive in Calabria, una rustica e poetica immersione in un piccolo paradiso terrestre.
Qui c’è la storia della mia prima volta, di una settimana tra la terra che sporca le mani e quegli alberi del mio casale di campagna nel mio paese Cetraro (CS) che tanto amo, di giornate intere di lavoro che iniziano alle otto del mattino per concludersi alle otto di sera appena prima del buio.
Dagli ulivi alla bottiglia, tra le olive e l’olio, in mezzo c’è la parola famiglia che si fa in tre: la mia famiglia, per la prima volta riunita grazie al mio nuovo uliveto (me, maritimu Fabrizio, papà e la sua seconda moglie Mena, mamma, zio Franco, zia Cinzia, zio Alfonso) e ci sono le due famiglie dei proprietari del Frantoio Oleario Cetraro (il signor Nicola e la moglie Annamaria con figli Gianluca e Silvia, il signor Gino con la moglie Amelia e i figli Simone e Maria Concetta) in pista dal 1985 per trasformare i frutti raccolti con sacrificio dalle persone in un olio prezioso.
In questo racconto trovi (indice)
Raccolta delle olive in Calabria: sarà il periodo giusto?
Il momento migliore per la raccolta delle olive in Calabria è l’autunno, in un arco temporale che va da settembre a dicembre in base alla localizzazione del terreno e al clima. Individuare il periodo giusto è determinante per ottenere un buon olio e, per chi vive lontano dalla propria terra come me, è difficile preventivarlo correttamente per prendere le ferie dal lavoro senza magari incappare in una settimana sbagliata o addirittura di pioggia.
Posso dire di essere stata molto fortunata. Grazie ai sopralluoghi di papà e Mena per controllare lo stato delle olive, abbiamo deciso a inizio ottobre che ci saremmo dedicati alla raccolta a metà mese e il tempo è stato dalla nostra parte: una settimana di sole incredibile, preceduta e seguita da forti temporali giusto per sottolineare la benedizione ricevuta.
E allora caliamoci di nuovo, stavolta insieme, in quella settimana di metà ottobre, indossiamo gli abiti da lavoro per fare ogni giorno quelle attività a ripetizione, fino ad arrivare alla faticosa ma orgogliosa realizzazione di circa 150 litri di meraviglioso olio Extra Vergine d’Oliva.
L’occorrente? Vestiti vecchi, cassette di plastica traspiranti, tagliaerba, almeno due reti, rastrelli e secchi di plastica, picchetti in legno, canne domestiche, abbacchiatore elettrico, martelli, accetta, sega manuale ed elettrica. Un fiorino e un trattore non guastano di certo e soprattutto mani, tante volenterose mani non sono mai sufficienti.
Si parte, raccattando, pettinando, abbacchiando
La mia raccolta delle olive in Calabria inizia ufficialmente con gli occhi si fanno di azzurro per il mare che ho di fronte, di verde per gli alberi d’ulivi che mi circondano e di marrone per la terra che dobbiamo scrutare per raccattare le olive appena cadute: sprecare queste sarebbe un peccato, mentre prendere anche quelle cadute da giorni intaccherebbe negativamente la qualità dell’olio.
Tagliaerba alla mano, via le erbacce intorno agli alberi che sono d’intralcio alle reti e che posizioniamo di albero in albero, due reti e due alberi alla volta. Papà ha realizzato, negli anni, tanti picchetti in legno indispensabili per agganciare le reti. Ma questo non è mica un compito facile.
Posizionare reti e picchetti è infatti uno dei passaggi che richiede più precisione e pazienza in assoluto, perché in base al posizionamento del terreno con l’ulivo bisogna fare in modo non solo che la rete “acchiappi” la maggior parte delle olive che si staccheranno ma anche che non le faccia scivolare al di fuori in caso di discesa.
Posizionate le prime due reti sotto i primi due alberi, iniziamo a pettinare letteralmente i rami più bassi aiutandoci con il rastrello in plastica. E quante chiacchiere mentre le prime gocce di sudore scendono, così come le olive che si staccano come fossero nodi dei capelli. Oltre ai rastrelli, qualcuno a turno effettua anche l’abbacchiatura all’antica, usando le canne domestiche come bastone per picchiettare sui rami più alti e far cadere le olive più lontane.
E qui ad un certo punto (e direi per fortuna) arriva in soccorso la modernità: è Fabri l’addetto ufficiale all’abbacchiatore elettrico dai tanti pettini rotanti e l’asta telescopica, che fa cadere con molta meno fatica le olive, anche quelle tra rami più ostici da raggiungere. L’abbacchiatore pesa tantissimo e ci vogliono braccia ben forzute per reggerlo. E tra una chiacchiera e l’altra, uno, due, tre giri intorno all’albero, attenzione a non calpestare troppe olive!
È una pioggia di palline verdi quella che cade, una pioggia che a tratti si trasforma in uno schizzare delirante delle olive qua e là al di fuori delle reti per via della potenza dell’abbacchiatore. E rieccoci a girare intorno all’albero per recuperare quante più olive possibili.
E qui si apre un bivio. Se si tratta di ulivi giovani o di una certa età ma potati con cura negli anni, passiamo all’attività successiva. Se invece si ha davanti qualche ulivo meno curato durante il tempo (come alcuni del mio casale appena comprato) bisogna tagliare per bene le cime secche o che si allungano troppo verso il cielo. “L’ulivo si pota bene solo se una rondine può volare tra i suoi rami” dice un antico detto. E potare perfettamente senza compromettere la pianta migliorandone al contempo la resa non è un gioco da ragazzi.
Per fortuna c’è papà per le cime da tagliare, con le quali si apre un’altra parentesi di fatiche. Una volta fatte cadere, vanno pettinate una ad una per togliere le olive attaccate, che siano piccole o grosse, leggere o pesanti. Cima dopo cima ammucchiamo quelle sottili con le foglie per le caprette, mentre i tronchetti veri e propri serviranno per il camino.
Via le foglie e qui le cassette, ci vuole il trattore
Mentre a turno continuiamo la nostra raccolta delle olive in Calabria, papà ha già portato tutte le cassette giù nell’uliveto con il suo amato trattore. Intanto, finito di tirar via dall’albero tutte le olive, iniziamo a farle accumulare nello stesso punto togliendo i picchetti e sollevando le reti.
E ora tutti in ginocchio, perché è il momento di togliere i rametti più piccoli che sono caduti tra le olive ed eliminare quante più foglie possibili. Inoltre, prima di metterle nelle cassette, le setacciamo un po’ alla volta in modo da far cadere i residui di legno derivati dalla potatura.
E via con le cassette sul trattore con un sollevamento pesi che manco nella migliore palestra del mondo, e poi dal trattore fin su dov’è parcheggiato il fiorino. Vedere papà salire a suon di mille manovre, con il mare alle spalle in cui inizia a bagnarsi il sole, non ha prezzo: è un momento pieno di poesia.
Lui guida e sale con il carico di cassette straripanti e noi lo guardiamo approfittando dell’attimo per fare un respiro. Ma immagini la fatica di portare a mano tutte quelle cassette piene lungo quel tragitto in salita? Come facevano una volta? Ok, grazie papà e grazie delizioso trattorino che ci aiuti da ormai trent’anni.
Dopo la raccolta delle olive, al frantoio col fiorino ed ecco l’olio
Trasferite le cassette dal trattore al fiorino, ecco uno dei miei momenti preferiti di ogni giornata, quello in cui salto sul pick up in mezzo alle cassette di olive e lascio alla guida Fabri o papà, godendomi il vento durante il viaggio che mi accarezza come un massaggio allevia fatiche.
Il frantoio oleario del signor Gino e del signor Nicola è davvero a due passi dal mio casale e non c’è nulla di più comodo e utile, dato che portare le olive subito appena dopo la raccolta garantisce una qualità superiore dell’olio.
La buona qualità dell’olio è coadiuvata anche dal sistema di spremitura integrale a freddo del Frantoio Oleario di Cetraro, che non necessita quindi l’aggiunta di acqua nel decanter. Questo da un lato ha un minor impatto ambientale per via dell’assenza di acque di scarto che andrebbero smaltite, dall’altro permette di ottenere un olio che preserva le sue proprietà naturali e aromatiche, corposo, profumato, ricco di polifenoli e antiossidanti.
Eccoci arrivati al frantoio per il ciclo di lavorazione delle olive. La mia emozione si fa sentire più della stanchezza. Sta per iniziare un processo magico che non ho mai vissuto e che non vedo l’ora di vedere.
Per prima cosa prendiamo le cassette di olive dal fiorino e le mettiamo sul carrello, l’oggetto che decreta il loro ufficiale ingresso nel mondo del frantoio. La pesatura è il primo step esaltante, perché i suoi retroscena sono scommesse su scommesse sul raccolto fatto, con annessi vincitori o perdenti tra i membri della famiglia che provano ogni giorno a indovinare.
E ora inizia la magia. Le olive vengono selezionate per eliminare quelle rovinate, vengono separate dalle foglie e lavate. A seguire la frangitura (o molitura), durante la quale le olive vengono sminuzzate fino a diventare una poltiglia di buccia, polpa e nocciola chiamata sansa.
Dalla frangitura si passa alla gramolatura, in cui la sansa viene rimescolata dolcemente affinché le piccole goccioline di olio possano unirsi diventando più grandi. Una unione che permette loro di separarsi più facilmente nel passaggio finale della spremitura (o estrazione), in cui sansa, acqua di vegetazione e mosto oleoso vengono divisi attraverso il decanter. ‘
In ultimo la filtrazione, che elimina anche i più piccoli residui con un olio limpidissimo come meraviglioso finale di questo ciclo lavorativo. I miei occhi sono incantati su quella piccola fontana dal verde acceso e lucente.
Il rito della distribuzione, un assaggio per tutti
“Chini mange sulu, more sulu”, si dice. E io so alla perfezione quanto faccia sentir bene donare (a chi merita) i frutti dei propri sacrifici nati nella terra, è una delle cose che mi ha sempre insegnato papà che continua a distribuire cibo a parenti, amici e vicini.
E poi, dopo la raccolta delle olive in Calabria che ha dato vita al mio primo olio, ammetto di non vedere l’ora di farlo assaggiare alle persone a cui tengo, perché dentro le sue particelle ci sono tante cose che mi appartengono: ci sono io, c’è la mia famiglia, c’è questa settimana di lavoro fatta di chiacchiere, sorrisi e anche litigate, sì. E in primis c’è la mia terra, la mia amata Calabria che mi sta ricompensando a modo suo.
Cosa mi rimane di questi giorni?
Mi rimane il ricordo del sudore e del mal di schiena nel piazzare le reti, nel far cadere le olive a mano e con l’abbacchiatore, nel raccogliere quelle che cadono fuori perché “è nu peccatu”, nel togliere i rametti e le foglie per mettere le olive nelle cassette da caricare sul trattore e poi sul fiorino, felice come non mai per l’attesa del mio olio.
Mi rimane il ricordo dei viaggi al Frantoio Oleario di Cetraro dal signor Gino e dal signor Nicola, a vedere subito i frutti di quei sacrifici sgorgare come oro verde con gli occhi che brillano.
Mi rimane il ricordo della famiglia, che anche se è allargata perché a tratti divisa come tanti pezzi di un puzzle, per l’occasione si è riunita attorno ad un unico scopo. E poi le pause con qualche parente che passa all’improvviso per salutarci e i pranzi nostrani col vino casereccio di papà e tutti i suoi prodotti a KM 0 inimitabilmente cucinati da Mena.
Ma soprattutto, mi rimane impressa una lezione, quella del “se tutto ha un prezzo, questi momenti non ne hanno”.
Qualche altra foto di quei giorni 🌿
Guarda il video della raccolta 🌿
Donato
30/08/2023 at 17:18speriamo che quest’anno, ci siano olive in Calabria! leggendo il racconto Mi e’ venuta voglia di raccoglierle e aiutare mio fratello a raccoglierle
Laura Cipolla
08/09/2023 at 09:51Caro Donato, speriamo davvero! Anche perché l’anno scorso non è stata una buona annata, quindi confidiamo in questa 🙂